Home Copertina “Colera e Collera”

“Colera e Collera”

Abstract speaker silhouette with letters on a white background

C’era una volta una giovane maestra alla sua prima avventura lavorativa nel mondo della scuola. Quella scuola era a Roma, in periferia. Uno dei suoi alunni, quello che poi sarà il più amato, un giorno, durante un esercizio di italiano nel quale bisognava comporre delle frasi utilizzando i tempi dei verbi indicati, creò la seguente frase: “Entro di capocciata su Fabiana”… Frase che suscitò nella maestra un’ilarità così forte e fragorosa, da conservarla nella mente per anni ed anni a seguire. Quella capocciata indimenticabile… La stessa capocciata di ieri sera. Allora era un bambino di 8 anni, poi fu la volta un ragazzone nero nero di 26 anni, senegalese, alto 1,95 m. In comune, oltre alla capocciata, l’iniziale del nome: K. Un revival e una realtà, quella che da ieri tiene in vita un sogno che sembrava ormai destinato a dissolversi nelle mani dei Napoletani e concretizzarsi in quelle degli Juventini, ancora. Forse sarà così, forse no, mancano quattro settimane, quattro turni 360 minuti e poco più per sapere se si racconterà l’ennesima pagina di storia calcistica o se ne verrà scritta una ex-novo. Intanto , tra il delirio e il tripudio per questa speranzosa e limpida vittoria in casa bianconera, il sostegno e l’abbraccio di un’intera città ad una squadra indomita e orgogliosa, un pensiero a chi, in occasione di un incontro/scontro di questa portata, offre i soliti e ormai banali cori e (mali)auguri al popolo Partenopeo… Non si contano più ed è impossibile quasi ricordare quante dediche d’amor bardate sono state indirizzate nemmeno tanto alla squadra, quanto ai suoi tifosi e, più squallidamente, in generale, verso la città e la sua gente. Scomodare il supermenefreghista Vesuvio, associare i Napoletani ai cani, con un facile gioco di parole (ahhh, quanto dovrebbero imparare tutti dai cani!), usare l’immancabile evergreen “terrone”, e, non ultimo, ricordare Napoli nel dramma del colera. Ma si sa, tante volte nella vita basta attendere il momento giusto, l’occasione propizia e, con un abile gioco di parole, ribaltare un’offesa in un sentito e profondo augurio: dal Nostro colera alla Loro collera, quella che, chissà, forse si, forse no, li pervaderà tra qualche settimana così come li ha pervasi appena quindici giorni fa in terra spagnola. Si, è vero, è calcio, è solo un gioco, quante ce ne facciamo venire! Non per ieri, no! Ieri è stata la vittoria contro il potere, i soldi (tanti, troppi), l’arroganza, la presunzione, una evidente intolleranza ed insieme, una forte insofferenza nell’accettare di essere presi in giro per una sconfitta. Non si sa cosa accadrà, noi siamo abituati a dire nella nostra lingua “Nun succere, nun succer, ma si succer…”, riferendoci a quella cosa lì. Da ieri sera però, tra le tante parole di apprezzamento dedicate al gigante Kalidou, e a quel riferimento al suo paese natale nella celebre canzone ‘O scarrafone” di Pino Daniele (Viva Viva ‘o Senegal), io, da buona Napoletana, me ne voglio uscire con un’altra citazione canterina ad uopo: “Siamo tutti Africani, siamo Africani, simm tutt African nuie Napulitan”!

Simona Cannaò

Articolo precedenteTotti, Liverpool evoca brutti ricordi
Articolo successivoIl Genoa batte il Verona e conquista la salvezza matematica
Testata Giornalistica sportiva on-line, aggiornamenti live h24 sulle vicende del Calcio Napoli e non solo...