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Ultimo saluto di Umberto Chiariello a Di Marzio

Umberto

Il giornalista Umberto Chiariello ha scritto sui suoi social una lettera per Gianni Di Marzio, storico allenatore del Napoli e scopritore di Maradona. Eccola: “CIAO GIANNI

L’ultima volta l’ho sentito pochi mesi fa. Ero in piena baruffa chiozzotta con forforino-amoroso-dududu-dadada via (poco) social ed avevo pubblicamente cantato le lodi di Gianluca Di Marzio come il migliore di tutti i giornalisti sportivi che si occupano di mercato. L’avevo detto un po’ perché sapevo di toccare un nervo scoperto sventolando un drappo rosso davanti agli occhi iniettati di sangue del toro reggino, molto per convinzione perché davvero ho una grande stima di Gianluca, grande giornalista e soprattutto bella persona, mai invidioso o rancoroso come certi colleghi.
Gianni, che stava a Padova, mi chiamò per ringraziarmi delle belle parole che avevo speso per il figlio.
Pensate che Gianluca, molto più famoso di me, da persona timida e riservata aveva chiesto al padre, che mi conosceva di più, di ringraziarmi. “Gianni, dovere. Lo penso veramente. Sei un grande, ma la cosa più grande che hai fatto nel calcio è darci un figlio così”. Lui era molto orgoglioso del figlio e contento di sentire queste parole. Ma la grandezza di Gianni era nella carica umana, nella simpatia naturale che spandeva a piene mani e soprattutto nell’umiltà dei grandi. Quelle poche volte che andavo al Bello del Calcio uno dei miei problemi era l’imbarazzo che Gianni mi generava. Perché appena entravo in studio lui si alzava in piedi e correva ad abbracciarmi, a dirmi belle parole, mi guardava negli occhi con sguardo allegro, limpido, mi dava affettuosi buffetti sulla guancia e si profondeva in complimenti che sentivo sinceri. Capite, lui, un protagonista del grande calcio, faceva i complimenti a me, umile parolaio confinato nei limiti della mia splendida regione per scelta di vita e di amore per la famiglia Torino?
Mi era capitato un altra volta col grande Maurizio De Giovanni. E una lezione simile me la diede il mitico Mario Merola che al Politeama corse a stringermi la mano esclamando: “Dottò, vuie parlate troppo bello!”.
Poi avvicinandosi all’orecchio: “dottò, vuie e ‘o collega vuostr’, avita dimagrì, facitelo p’a salute vostra. O verite a chillo? È ‘o mierico mio, mi segue passo passo, nun me fa magnà. A notte mi sogno ‘o pignatiello ca pasta e fasule che pappulea…”
Di fronte a queste manifestazioni divento una sfinge per mascherare il mio imbarazzo ma interiorizzo subito la grande lezione che mi lasciano: la grandezza è figlia dell’umiltà.
Beh, Gianni. Provo un disperato affetto sapendo della tua dipartita.
Ma so che mi hai lasciato due grandi eredità: cosa significa davvero essere grandi ed il tuo magnifico figliolo a cui va il mio pensiero in questi momenti terribili. Anche io ci sono passato, anche io ho avuto un grande papà.
Ti sia lieve la terra, pare che i bene acculturati dicono così. Io so solo che noi saremo ancora un po’ più soli. Se guardo alle nuove generazioni, il tuo calcio mi manca sempre di più.
Ciao Gianni: se c’è un aldilà, sarò io stavolta a correrti incontro e parlarti del tuo splendido figlio e del nostro Napoli”.

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Anastasia Marrapodi, laureanda in scienze Politiche. Collaboratrice spontanea di MundoNapoliSport24.