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Napoli, la storia ha voluto una data: 5 luglio 1984, Maradona è il nuovo re del San Paolo

5 luglio 1984, un’altra epoca, un altro calcio ma anche una data indelebile: l’inizio della storia d’amore eterna tra Maradona e il popolo di Napoli. Sono trascorsi esattamente 38 anni dalla storica presentazione del Pibe de Oro al pubblico del San Paolo: l’arrivo del Messia del calcio, colui che riuscirà nell’impresa di portare lo Scudetto all’ombra del Vesuvio.


Nel mondo del calcio moderno la gratitudine e la riconoscenza sono due sentimenti molto nobili, che, tuttavia, trovano davvero poco spazio. Si pensi, a tal proposito, alla spinosa controversia tra il Napoli e Dries Mertens circa il (mancato) rinnovo di contratto di quest’ultimo. Le società di calcio tendono oramai a pensare esclusivamente ai propri interessi economici, privilegiando di più i rapporti commerciali con brand e sponsor internazionali e mettendo in secondo piano il sentimento popolare e la passione dei tifosi. Il Napoli, in tal senso, è l’esempio lampante della deriva di un calcio sempre più “virtuale”.

L’ardore dei supporters partenopei è attualmente ai minimi storici. Molte le cause di questa disaffezione generale: tra queste, ancora nessun cenno sulla campagna abbonamenti (unico club in Serie A) e, al netto delle altre intricate questioni legate ai rinnovi di Koulibaly e Fabian Ruiz, è da ritenersi imbarazzante il prolungato silenzio della società sulla vicenda Mertens. Lo scorso 1° luglio, data di scadenza del contratto del belga, nessun cenno né un singolo riferimento social a quello che è stato il miglior marcatore della storia del club. C’è modo e modo di interrompere un rapporto professionale (e non) durato quasi un decennio. Il Napoli, da un lato, non se l’è sentita (salvo clamorosi colpi di scena) di pagare i circa 2 milioni di euro annui richiesti dall’attaccante e lo stesso Dries, dall’altro, ha ritenuto, invece, di valere più della cifra che gli avesse prospettato il club, circa 1,5 milioni di euro annui.

Eppure c’era un tempo in cui tutto ciò non accadeva, in cui la passione, l’entusiasmo e il sentimento dei tifosi era esaltato e valorizzato dalle società calcistiche. Una data su tutte testimonia quanto appena affermato.

Erano le 18.30 del 5 luglio 1984, esattamente 38 anni a Napoli andava in scena il “Maradona day”. I tifosi partenopei entrarono in massa allo stadio pagando un biglietto simbolico di circa mille lire (l’equivalente di circa 5 euro attuali). Tutta la città si bloccò per la presentazione del nuovo acquisto del club azzurro. Nell’impianto di Fuorigrotta arrivarono oltre 70 mila spettatori, tutti ansiosi ed eccitati di vedere quello che sarebbe diventato la più grande leggenda della squadra partenopea. Una manciata di minuti di spasmodica attesa e dalla pancia dello stadio, allora chiamato San Paolo, si fece largo, tra una fittissima schiera di cameraman e fotografi, una testa piena di capelli ricci e neri.

Era proprio lui: Diego Armando Maradona in persona. Acquistato per la cifra record di 13 miliardi di lire (all’epoca entrò nella storia come il calciatore più pagato di sempre della Serie A) dall’allora presidente azzurro Corrado Ferlaino, El Pibe de Oro si accingeva a salire in jeans e t-shirt la scaletta, che dal ventre dell’impianto lo avrebbe condotto direttamente al campo da gioco, quello che sarebbe stato il suo regno per sette anni meravigliosi, anche travagliati, e senza dubbio indimenticabili.




All’entrata sul terreno di gioco, un boato accolse la leggenda argentina, quasi come se avesse segnato uno dei suoi gol più belli. Un tripudio che visse più e più volte nel corso della sua permanenza in azzurro. Poi Diego prese la parola al microfono e parlò per la prima volta ai tifosi azzurri, quella che sarebbe diventata la sua gente. Le sue prime parole toccarono fin da subito il cuore dei supporters partenopei: “Buonasera napolitani“, disse con un forte accento sudamericano. Il primo ad essere colpito fu, tuttavia, lo stesso Maradona, che rimase incantato e affascinato da tutto quell’affetto spontaneo.

Da quel momento nacque quella che nel calcio è ritenuta, da moltissimi esperti ed addetti ai lavori, la storia d’amore più bella tra un giocatore ed una tifoseria. I 7 anni in azzurro, conditi da 2 Scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa Uefa, 259 partite, 115 gol e tanta, tantissima leadership e carisma, legarono indissolubilmente e per sempre il fuoriclasse argentino ai napoletani, nonostante il successivo baratro ed il doloroso addio alla sua città adottiva.

Sono trascorsi quasi 40 anni e questa volta, nel giorno del ricordo di un caldo pomeriggio d’estate, Diego non c’è più. Sono cambiate tante cose rispetto ad allora: la pay tv, il format della Serie A e persino lo stadio, che l’ha abbracciato calorosamente, oggi è diverso ed ha preso il suo nome. Solo l’amore provato dal popolo napoletano nei suoi confronti è rimasto immutato ed è destinato a durare per sempre.

Il vuoto che ha lasciato dentro ogni tifoso azzurro, che abbia avuto l’onore o meno di assistere alle sue giocate dal vivo, è incolmabile ed i ricordi del passato di un’intera città, che l’ha accolto come un proprio figlio e che l’ha visto diventare Re dei Re, diventano fondamentali per mantenere viva la memoria del più grande calciatore di tutti i tempi. Onore a te, Diego: Napoli non smetterà mai di ringraziarti per tutto.


Gianmarco Apuzzo

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Gianmarco Apuzzo nato a Napoli il 23/05/1993. diplomato nel 2012 al Liceo Classico Umberto I di Napoli e poi laureato con lode nel 2018 alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli. Grande appassionato di calcio (con particolare riferimento alle statistiche ed alla storia del calcio) e del Napoli è un collaboratore spontaneo di MundoNapoliSport24