Home Calcio Serie A Gamberini: “Insigne ha fatto lo step finale”.

Gamberini: “Insigne ha fatto lo step finale”.

L’ex difensore Alessandro Gamberini, oggi vice allenatore della Virtus Verona ha rilasciato una lunga intervista a TMW Radio: “

“Sto vivendo un’esperienza molto positivo: ringrazio Fresco e la Virtus per l’opportunità che mi hanno offerto, per me è l’occasione di poter fare un altro anno d’esperienza sul campo, visto che veniamo tutti da corsi in cui si studia tanto a livello teorico ma viene poi a mancare il contatto col campo e con le metodologie di lavoro settimanali, oltre che coi calciatori della prima squadra. In questo mi sto cimentando fin qui”.

Come sta la Serie C secondo lei?
“Sicuramente la situazione è difficile e la cosa si tocca con mano. Sia per un discorso di partite rinviate per motivi legati al contagio, che per un clima ed un’atmosfera totalmente diverse, senza il pubblico. Mi metto nei panni delle società, che quest’anno hanno a bilancio una spesa notevole come quella dei tamponi da garantire ogni tre giorni. Per una realtà di C sono spese che incidono sul bilancio, e immagino che molti sponsor stiano scappando. C’è bisogno dello sforzo di presidenti, società e degli sponsor rimasti: l’augurio è che questo sia un anno di sacrificio per poi tornare al calcio che abbiamo sempre visto”.

Stiamo vedendo solo ora il vero Insigne?
“Può essere. Lo ricordo al primo anno che si affacciava in Serie A dopo l’esperienza a Pescara con Zeman: aveva un talento smisurato e mi impressionò da subito per la qualità a livello di dribbling ed una padronanza incredibile nel gesto tecnico. Da lì ho visto il potenziale, ed ero convinto che avrebbe fatto grandi cose sia nel Napoli che per la Nazionale. In quest’ultimo anno ha raggiunto la maturazione, si rende conto dell’importanza che ha nel contesto squadra, ed ha assunto un ruolo importante anche nello spogliatoio. Ora ci godiamo tutti un giocatore che ha fatto forse quel salto di qualità finale che tutti gli chiedevano, essere concreto, determinato e continuo”.

La coppia Koulibaly-Manolas la convince?
“Quando mi chiesero un parere, già all’inizio dissi che sono due giocatori che corrispondono perfettamente. Nell’anno di sofferenza che hanno avuto c’è un discorso di rendimento individuale ma anche di squadra: si fa fatica a giudicare oggettivamente una coppia centrale senza considerare la fase di non possesso dell’intera squadra. Dipende anche se sono spesso sguarniti e hanno poco filtro: lì diventa difficile poi rendere. Giocare uomo-contro-uomo a tutto campo, con inserimenti da tutte le parti è difficile per tutti. Nel ciclo che Gattuso sta cercando di aprire a Napoli, si stanno esaltando e stanno venendo fuori”.

Davvero Gattuso oggi è un allenatore non più solo grinta?
“Assolutamente. Viene dalla gavetta, ha fatto tanto esperienze e le ha utilizzate per poter andare a fondo a ricercare i suoi principi di gioco, quelli che oggi tutti noi vediamo attraverso le partite del Napoli. Si è evoluto e sta dimostrando di poter aggiungere qualcosa di anno in anno, non si ferma e in questo momento ha trovato un ambiente che lo stimola nel modo giusto, dove si è ambientato bene. A tutto questo aggiungo una sua dote di sempre, quella di essere un leader, di avere carisma, cosa che l’ha aiutato ad incidere maggiormente con la squadra”.

Cosa potrà dare Prandelli alla Fiorentina?
“Quando mi viene chiesto di quella squadra, ho sempre qualche brivido: è stato un ciclo straordinario, anche per come è nato. Dalle ceneri: la stagione precedente la Fiorentina si era salvata a fine campionato, poi furono cambiati mi sembra una ventina di giocatori. Ricordo che in ritiro eravamo tipo in quaranta… Poi ci fu un lavoro straordinario di Corvino nel ridurre la rosa, con tante scommesse tra cui anche io. La figura più determinante era Cesare, ci accompagnò: era maestro ed insegnante di calcio, facendosi notare anche per l’extra-campo. Una persona cui sono legato ancora oggi, e rivederlo accostato a Firenze per me è fantastico, credo sia stata la scelta giusta della società e quella che tifosi e cittadini fiorentini si aspettavano da tempo”.

Farà il 4-3-3?
“Penso di sì, poi cambia poco, a volte basta avanzare il metodista e diventi facilmente 4-2-3-1… Chiaro che lui è storicamente affezionato a questo sistema, forse pure quello giusto per mettere a suo agio quei giocatori che potranno fare la differenza nella sua idea”.

Ne trarrà beneficio la punta?
“Il punto di partenza dovrebbe essere quel modulo, poi sarà lui a valutare potenzialità di rosa e squadra e cambiare magari qualcosina…”.

Sarebbe lecito attendersi qualcosa in più dal Bologna?
“Da tifoso direi di sì. Bologna è una realtà che al momento si è consolidata nella categoria, ed una piazza importante, che ha una storia. Secondo me c’è anche la proprietà giusta per provare a fare il salto di qualità, così come lo staff tecnico, guidato da un grande allenatore. Io sono nato a 100 metri dal Dall’Ara, e pensare a un Bologna che possa giocarsi quantomeno un posto nelle coppe europee sarebbe una cosa stupenda. Dopo gli anni di consolidamento, per me è lecito provare a fare quello scalino in più, che è nelle corde della squadra. Togliendo le prime, c’è spazio per provare a fare qualcosa di importante, e Bologna ha tutti i requisiti. Compresa una presidenza forte”.

Il calcio si è dimenticato di Malesani?
“Io ho avuto la fortuna di averlo, ero molto giovane e andai in prestito all’Hellas. Mi colpì perché già in quegli anni, con un calcio ancora totalmente diverso da oggi, preparava le partite costruendo da dietro, una cosa atipica per quegli anni. Preparatissimo, con grande cultura calcistica ed è un peccato che figure come lui non abbiano avuto la possibilità di rimettersi in pista. Il discorso magari è legato all’evoluzione continua del calcio, anche se è sicuramente un peccato”.

La Serie A sta scoprendo Italiano. C’è una nuova tendenza dei club a puntare sulle nuove leve?
“De Zerbi è forse l’allenatore migliore che abbiamo al momento, anche se considero pure lui un giovane. Le nuove leve hanno portato qualcosa di innovativo, ed è grazie a questo che arrivano nuove idee e il calcio si evolve. Hanno avuto un percorso, sono arrivati lì attraverso esperienze di campo e non messi lì per caso. Questo a testimoniare che la scuola di allenatori italiana è di prima fascia”.

Chi potrebbe essere il nuovo Chiellini?
“Quando finisce una generazione, c’è sempre il punto di domanda su chi saranno le colonne della prossima, e nonostante lo scetticismo di talenti in Italia ne vengono sempre fuori. Nelle ultime partite dell’Italia abbiamo ammirato Bastoni, difensore secondo me molto forte. L’errore però sta nel paragonarlo a qualcun altro, a dire che sarà l’erede di qualcuno che apparteneva ad un calcio totalmente diverso. Giorgio è un mio coetaneo, e a noi da piccoli ci dicevano di marcare il 9 e finita lì, mentre oggi è diverso. Vedo comunque che si sta tornando ad una difesa orientata sull’uomo, in questo senso sta cambiando qualcosa a livello di settori giovanili. Pure ai miei tempi si diceva che non c’erano più i difensori di una volta. Il calcio cambia, e anche le competenze dei ruoli: oggi il difensore inizia la manovra e gioca quasi da altro centrocampista”.

Locatelli è il miglior talento italiano?
“Io lo ricordo già agli esordi, a me impressionò nel Milan. Merito suo, e probabilmente anche di De Zerbi, ma questo Locatelli è un profilo davvero interessante, sa fare tutto. Nell’ultimo anno è cresciuto tantissimo, ha fatto un enorme salto di qualità merito del suo allenatore. In quel ruolo è sicuramente il profilo italiano più interessante che abbiamo”.

Giusto che Vignato abbia più spazio nel Bologna?
“L’ho ammirato dal campo nel Chievo, perché già a 17 anni si allenava con noi e nelle partitelle io e Dario (Dainelli, ndr) ci guardavamo e ci chiedevamo come riuscire a prenderlo. Deve migliorare la forza fisica, l’impatto nei duelli, mettendo un po’ di cattiveria agonistica che per la sua età è normale che manchi. Io ricordo però che non lo prendevamo proprio mai! Se noi eravamo al terzo piano, lui giocava dal sesto… Si vede subito se c’è qualcosa più degli altri. Adesso tocca a lui: è uscito dal guscio Chievo, quella maglia che l’ha protetto fino a poco fa e dove ha fatto vedere grandi cose. Deve sbocciare, e Bologna è la piazza giusta. Mi auguro che anche lì possano vedere ciò che mostrava a noi in allenamento, perché ha un talento e un potenziale incredibile”.

Fonte: Tuttomercatoweb.com

Articolo precedenteCapello: “Napoli in corsa per lo scudetto”.
Articolo successivoJuventus-Napoli si giocherà al Mapei stadium.
Italo Napolitano, classe 2000,laureando in Filosofia, appassionato di calcio e giornalismo, attento alle vicende del calcio Napoli e del calcio campano, collaboratore spontaneo di MundoNapolisport24.