Home Calcio Serie A Alfonso De Nicola: “Ancelotti a Napoli aveva bisogno del suo tempo”

Alfonso De Nicola: “Ancelotti a Napoli aveva bisogno del suo tempo”

L’ex responsabile dello staff medico del Napoli Alfonso De Nicola è intervenuto ai microfoni di Canale 21. Ecco le sue parole: “A Napoli ho potuto lavorare benissimo, se sono qua è per merito loro. Ancelotti aveva il progetto di far maturare questa società ed è sempre stata una persona autorevole e non autoritaria. Noi venivamo da un sistema autoritario. Ancelotti era un allenatore che suggeriva, non imponeva. Sa lavorare, sa quello che fa ma ha bisogno di tempo.

Il primo anno fu gestito ancora in modo autoritario e alcuni giocatori se ne sono andati perché non si sono trovati bene.

Lo Streching è’ importante, ma non deve e non può sostituire il riscaldamento. Il riscaldamento va sempre fatto, sennò possono esserci problemi. Pure il torello, ad esempio, non va fatto a freddo.

Calciatori come Giandomenico Mesto si sono stirati in questo modo, per un torello del cavolo. Pure a Camilo Zuniga è successa la stessa cosa. A freddo il torello non va fatto, lo ripeto. Anche Faouzi Ghoulam ha avuto un problema simile? Lui non lo so, perché si è fatto male dopo. Quando ci sono stato io, è sempre stato disponibile. Si è fatto male due anni fa? Ma la scorsa stagione stava bene. Ebbe una complicanza dell’intervento, però parliamo di una cosa piccolissima bassissima. L’anno scorso stava bene, fino a giugno stava benissimo.

Ancelotti non ha avuto una carenza da leadership, era una persona che notava certi aspetti. Diceva che noi non dovevamo fare i cani da guardia, chiedeva che i calciatori si comportassero da professionisti e che fossero responsabili. Voleva riprodurre il metodo NBA. Ogni calciatore è un azienda ormai. Lui credeva che se tutti avessero fatto così, le cose andavamo meglio. Lui veniva da una certa esperienza, noi invece venendo da un altro vissuto pensavamo il contrario.

Ancelotti aveva bisogno di portare avanti questo progetto, ma a Napoli non ti permette tempo, o ci sono i risultati, oppure non ci sono. Penso che ognuno debba portare le proprie idee. Secondo i numeri è un allenatore in calo, ma ha contribuito a cambiare la mentalità della società. Lui aveva un criterio di lavoro, non so se fosse il tecnico giusto per il Napoli“.

Vi racconto com’ è andata per il caso Ospina: “

Quando lavoravo con le società di calcio, io ed il mio staff abbiamo insistito molto sulla necessità di curare la postura dei gicoatori. Certe cose le abbiamo praticamente imposte, ed importanti professionisti come il professor Giordano hanno molto apprezzato il nostro lavoro.

Il colombiano, dopo 10 minuti dall’inizio della partita, in quell’occasione prese una ginocchiata alla testa: si tagliò. Una volta medicato, si alzò. Era lucido, perfettamente consapevole. Gli chiesi: ‘Ma hai perso in sensi?’. Ero davanti ad altri. Rimasi dieci minuti dietro la porta a monitorare e chiedere: ‘Come stai? E’ tutto a posto?’. Ero lì”.

Il suo preparatore, Alessandro Nista, dieci volte fece avanti e indietro per sincerarsi pure lui delle sue condizioni e chiedergli come si sentisse. Al 44′, però, Ospina cadde a terra. Non ce la faceva più. Non aveva perso i sensi. Un neurochirurgo, in ospedale, disse che non aveva nulla. Lo feci dormire nella nostra struttura, fece anche un’altra Tac e, pure in quel caso, non c’era nulla. Io dovevo chiamare il cambio? No, al massimo lo doveva fare il preparatore dei portieri, visto che gli aveva chiesto dieci volte come stava. A me nessuno ha chiesto nulla. Mi hanno attaccato? Fa parte del gioco. Ho fatto però delle cause a persone che hanno scritto che non mi ero comportato da professionista, questo non è giusto da dire. Perché se il Napoli si permette di stare in Champions, lo deve anche al lavoro fatto da me. Nessuno si può permettere di scrivere certi articoli su di me e di darmi dell’ignorante. E così è partita la querela”.

Giocatori come Gonzalo Higuain hanno dato così tanto pure perché sono stati molto seguiti. Hugo Campagnaro? Lui aveva dei polpaccioni, nemmeno i calzettoni gli andavano. Ci accorgemmo che sollecitava troppo certi muscoli, nei movimenti, e correggemmo il tutto. Marek Hamsik? Era arrivato a 19 anni, ci ha sempre seguito. Gli ho sempre detto: ‘Devi fare postura’. Ci vogliono terapisti che abbiano fatto dei corsi particolari ed anche chi ci creda veramente. I primi a crederci devono essere i giocatori”.

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Claudio Gervasio nato a Napoli. Ha conseguito il diploma di Liceo Lingustico, la laurea in scienze della Comunicazione all'Unisob con master di Scienze Investigative Criminologiche e politiche della Sicurezza. Appassionato di giornalismo, è un collaboratore spontaneo di MundoNapoliSport24